Appunti disordinati - La Rai, il servizio pubblico, il sostegno alla società civile.

Mi sono deciso a scrivere questa riflessione dopo aver provato per l'ennesima volta, sulla mia pelle, la macchina infernale della Rai. In questi anni, anche se ne avrei fatto volentieri a meno in molti casi, mi sono occupato del servizio pubblico per diverse ragioni. Anzitutto professionali, visto che mi occupo di ufficio stampa e di comunicazione. Poi, per merito del Ministro dell'allora Governo Prodi, anche come membro del "Tavolo permanente di confronto tra associazioni e Rai". E, ancora, per l'audizione in Commissione di Vigilanza sul nuovo (siamo con solo un anno di ritardo rispetto alla scadenza) Contratto di Servizio.
Per chi non lo sapesse, il Contratto di servizio è uno strumento legislativo attraverso il quale lo Stato affida ad un operatore di radio e tv il servizio pubblico, cioè quello pagato da tutti noi, e ispirato al principio del pluralismo, della verita', e tante altre belle parole.
Da sempre, ho cercato di far capire che nessuno di noi aveva in mente di proporre trasmissioni "recinto", vale a dire dedicate al sociale, con esponenti del sociale, con un ritmo e una qualità "di spettacolo" in grado di far assopire anche gli insonni più resistenti. Anzi, sono (e molti del mondo dell'associazionismo si sono detti da sempre d'accordo) convinto che la vera sfida sia nel fare nuovi format, attenti agli ascolti e alla piacevolezza, senza per questo togliere qualità al contenuto.
Sfide lanciate (e di fatto vinte) dagli autori e dai responsabili di rete come il recente "Vieni via con me", o "Report", "Anno Zero", o, ancora, "la storia siamo noi" e le trasmissioni di Lucarelli dimostrano che noi spettatori siamo meno stupidi di quanto ci vogliano far credere. Ci si può divertire e riflettere, non è necessario che le due cose siano a forza distinte.
Insomma, anche se per un'oretta non vediamo culi e tette riusciamo ad ascoltare il discorso lo stesso. E magari, ne giova anche la qualità dei nostri neuroni.
A questo, aggiungerei la convinzione (personale) che il servizio pubblico debba anche raccogliere la sfida culturale di fare prodotti, anche con piccoli ascolti, ma che siano importanti per la crescita del Paese e delle generazioni future.

In questi anni, come dicevo all'inizio, sono state molte le occasioni di riflessione sul tema, molte volte di arrabbiatura, come nel caso di interventi a convegni di personaggi diciamo della preistoria, ma convinti di essere i portatori del VERBO.

In questi giorni mi sto occupando, per la prima volta nella mia carriera, di gestire una settimana di raccolta fondi sui canali Rai.
Devo per onestà ringraziare dirigenti avveduti come quelli del Segretariato Sociale della Rai che, tra mille difficoltà ed oggettivi impedimenti regolamentari, cercano di aiutare le organizzaizoni senza scopo di lucro.
Bene, dopo qualche mese dalla richiesta, arriva come un fulmine a ciel sereno, quando oramai ero convinto che l'ipotesi fosse sfumata, l'ok alla settimana di raccolta fondi. Di fatto, questo si è tradotto in una "battaglia" con gli autori delle singole trasmissioni per fare si che fosse trasmessa la campagna.
Eh si, avete proprio letto bene. Ottenere la settimana di raccolta fondi non vuole dire assolutamente niente, o quasi. Infatti, la messa in onda dipende dalla "sensibilità al tema", dalla disponibilità di spazi, di interesse da parte, in ordine:
- responsabile di fascia;
- responsabile di produzione della trasmissione;
- responsabile rapporti con le associazioni della singola trasmissione (eh si, esiste anche questo);
- responsabile coordinamento degli autori;
- autore/programmista che si occupa di passare il materiale.
Insomma, un gran casino.
Per non parlare degli scalini (scaloni, quando non muri di gomma) rappresentati dalle persone gerarchimamente sopra a questi ultimi. O presunti tali, come una segretaria di produzione il cui vezzo principale è insultare o trattare con inutile superficialità e superiorità gli addetti stampa o alla comunicazione delle associazioni. "Ah devi sentire lei? Beh, in bocca al lupo". La risposta che rimarra nella storia, da parte di questa persona a un mio collaboratore che la incalzava con domande del tipo: "ma ci metterete in onda? lei si occupa di.... mi sa dire se ci passano? Come altre raccolte fondi? Ma se siamo i soli in questa settimana...." è: "lei è inopportuno e anche scostumato". Ah beh. Peccato che il suo lavoro consista proprio nel dare risposte di questo tipo...

Ecco, questo vuole dire avere a che fare con una azienda complessa come la Rai, in cui persone di altissimo livello convivono con personaggi improbabili. E a noi oggi si chiede di pagare il canone, solo perché abbiamo un contratto di fornitura elettrica.

Per oggi chiudo qui. Ma, giuro, continuerò :)

Commenti

Post più popolari